Minakuchi Hikiyama Matsuri - Sentirsi parte integrante del Giappone
- Marco Acerbi
- 15 lug 2024
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 18 lug 2024
20 Aprile 2023. Sette mesi dal mio arrivo a Kyoto. Questo giorno non potrò mai dimenticarlo. Fu uno di quei rari momenti in cui mi sono sentito davvero parte integrante di questo meraviglioso, ma complicato, Paese.
Da turista è davvero difficile, se non impossibile, percepire e capire alcuni aspetti sociali del Giappone e delle sue persone. Il Giappone è un Paese che richiede tantissimo...
Le persone che si sono traferite per vivere qui lo possono capire; io la chiamo una Inclusione parziale e distaccata quella che si vive, da straniero, in Giappone.
Come occidentale, e non solo, diventare parte integrante di questo Paese credo sia un traguardo quasi irraggiungibile, e tentare di perseguirlo, a volte, potrebbe essere anche controproducente sotto molti aspetti.
Se dovessi raffigurarlo con una immagine utilizzerei un insieme di cerchi, un dentro l'altro. Gli ultimi, quelli più interni, rappresentano l'essenza del Giappone, il senso di appartenenza a qualcosa che non si può toccare, ma solo sentire. Come 外人 (Gaijin - straniero), puoi sentire che a quel cerchio più interno non ne fai parte e non ne farai parte il più delle volte.
Oggi però ho piacere di raccontarvi il giorno in cui, dentro quel cerchio, sono riuscito a entrarci, e a sentirmi al posto "giusto", orgoglioso e felice.
In quel periodo stavo lavorando presso un' associazione turistica nella città di Koka, prefettura di Shiga, e mi occupavo di portare alcuni suggerimenti per aumentare il flusso di turisti stranieri in zone meno famose, ma altrettanto meravigliose, del Giappone. Ho avuto la fortuna di lavorare con un paio di persone incredibili che mi hanno dato l'opportunità d viaggiare e conoscere quello che per me rappresenta il vero Giappone. Dedicherò un articolo a parte su questa esperienza :)
20 Aprile 2023 - Minakuchi Hikiyama Festival:

Quel giorno mi fu data la possibilità di partecipare ad un 祭り (Matsuri - Festival) presso la città locale in cui lavoravo. Il modo migliore per immergersi nella cultura locale in Giappone è sicuramente partecipare a un festival. L'Hikiyama Matsuri che si tiene ad aprile è un festival famoso nella zona in cui i carri (Hikiyama) colorati e decorati sfilano per le strade, celebrando le divinità. La gente locale sposta anche un santuario portatile (mikoshi) fermandosi nel luogo religioso principale e infine raggiungendo il Santuario (神社) Minakuchi.

Andai al festival poichè mi occupavo, tra le altre cose, di sponsorizzare gli eventi tipici sui canali social in lingua inglese, fotografando e assistendo agli eventi.
Mi sono dimenticato di dirvi che lavoravo a due ore di treno da Kyoto, in una piccolissima città in cui ero, letteralmente, l'unico straniero (quantomeno occidentale) presente. In linea di massima gli stranieri in Giappone creano scalpore; la maggior parte però, di origine orientale (perlopiù Cinese), per evidenti similitudini a livello fisico, non vengono identificati e riconosciuti come stranieri a prima vista.
Io si. Italiano, 1.90 di altezza, ho sempre dato abbastanza nell'occhio, diciamo. Ma questa cosa, per lo più, non mi ha mai dato alcun fastidio, anzi, mi ha permesso di incuriosire le persone e avere più opportunità di conversazione.
Arrivato al luogo del festival, dopo un breve giro di fotografie e una pausa pranzo veloce, mi fermai nella piazza centrale dove sarebbe iniziata la celebrazione con i carri per la città. Come suddetto, era difficile passare inosservato e girò subito la voce riguardo a chi fossi e cosa ci facessi lì, e il Sindaco della città e alcuni altre persone rinomate del luogo mi si avvicinarono per chiedermi di fare un'intervista presso la televisione locale.
Premetto, all'epoca parlavo poco Giapponese (adesso un po' meglio), ma non vi era modo avere conversazioni in inglese. Lo feci presente e, ovviamente, mi rincuorarono dicendo che avrei potuto fare l'intervista in Inglese. 嘘でした 笑!(Spoiler: era una bugia). La gentile ragazza che si approcciò a me per l'intervista mi chiese (una sottile supplica educata vista la difficoltà) se fosse possibile farla in Giapponese e così fu.
Mi ero abituato a gestire la frustrazione di non capire e non potermi esprimere bene. Se non impari a gestirla diventa difficile, io mi ero abituato a fare delle gran figuracce, però preferivo non mettere le persone del posto in difficoltà. E' una cosa in cui credo, alla fine quello che si deve adattare è giusto che sia Io, anche se spesso fu molto stressante poichè mi sarebbe piaciuto che ci venissimo incontro maggiormente. Non sono nativo di lingua inglese, indi per cui, l'inglese, già di per sè, sarebbe stata una seconda lingua per entrambi. Ma a quell'epoca avevo uno spirito che non mi avrebbe fermato nessuna difficoltà.
Terminata l'intervista, un signorina del luogo, che conosceva la mia responsabile a lavoro, mi propose di partecipare al Festival, aiutando le persone del luogo a sostenere il santuario portatile per la città. Ne fui felicissimo.
Ero in camicia, faceva piuttosto caldo, però immaginavo una processione di mezz'oretta e mi piaceva l'idea. Scoprì dopo (al termine) che il percorso sarebbe durato 5 ore. Pazzesco, non ne avevo idea. Come non avevo idea che sarebbe stato un giorno di quelli che ti riempiono il cuore.
Ricevuto il costume locale del festival partimmo per la celebrazione tutti insieme!

La cosa più bella che mi è rimasta dentro è la Coesione. I Paesi Asiatici, e il Giappone in particolare, sono noti per la loro propensione al collettivismo, all'importanza dell'armonia e del benessere del gruppo sopra gli interessi del individuo. Percepii chiaramente quella sensazione quel giorno.
Camminammo, tirando il carro per diverse ore, fermandoci di casa in casa ricevendo doni, perlopiù preghiere o bottiglie si sakè per pregare e celebrare insieme. Fu incredibile. Davanti alle case gremite di famiglie e bambini, scuotevamo il carro con energia (rompendo anche qualche ornamento) e cantavamo per celebrare insieme e rendere grazie per tutte le cose belle della vita.

5 ore urlando e incitando il gruppo al canto " Wasshoi". La parola 'wasshoi' (和 緒 一) consiste di due unità: 和 (wa) e 一 緒 (Issho). 和 (wa) denota 'armonia e pace' ed è anche usato nel significato di 'giapponese'. 一 緒 (Issho) contiene il carattere per 'uno' (一) e il carattere 緒 (sho), che può significare 'filo' o, metaforicamente, 'qualcosa che collega gli spiriti'. Così 一 緒 punti di essere insieme, collegati dalla stessa convinzione. "Wasshoi" (和 緒 一) crea l'immagine di una cooperazione armoniosa. E' una tradizione ripetere questa frase con l'intento di portare Pace e incitarsi a vicenda.
Ogni oretta, più o meno, ci fermavamo a riposarci per mangiare e bere qualcosina insieme. Era il momento in cui ci si fermava nei vari santuari della città a celebrare.

Ok, lo ammetto, era più un modo per ubriacarsi bevendo sakè e birra. Mi guadagnai il rispetto arrivando in piedi a fine percorso quel giorno.
Mi ricordo, durante una di queste pause, un signore molto incuriosito nel vedermi lì che trovò il "coraggio" di venirmi a parlare chiedendomi se parlassi Giapponese :). Gli risposi di si, un pochino, e scambiammo due parole veloci. Tornò poi verso il suo gruppo di amici raccontando con orgoglio: " Il 外人さん (Gaijin san) parla giapponese, è bravo".
N.B: Gaijin san non è un termine dispregiativo :)
Le barriere culturali si superano con la curiosità. Quando si rappresenta una minoranza etnica in un Paese (come io, da Europeo, in Giappone) si ha una responsabilità, ma anche una opportunità enorme. Lo studio del Giapponese mi ha permesso di creare delle piccole connessioni che portano un semplice risultato per entrambe le parti: un sorriso. Un momento di orgoglio e soddisfazione nell'aver condiviso un momento e far pensare alla popolazione locale: " Ah però, quel ragazzo è qui tra noi, lavora qui, partecipa al festival con noi e parla un pochino di Giapponese. Grande, che bello! Sorriso.

Terminammo il giro di celebrazione e entrammo al santuario principale per la celebrazione finale. Era sera, le luci dei carri erano incantevoli. Facemmo qualche giro finale tra le persone che applaudivano, esausti, ma felici. Iniziammo a alzare al cielo le persone del gruppo, tutti insieme, finché non arrivò il mio momento di essere alzato al cielo al coro di イタリア, イタリア(Italia, Italia!).

7 Mesi in Giappone, e quella fu la prima volta in cui mi sentì pienamente parte del gruppo. Durò un momento, ma fu speciale, ed è un ricordo che mi porterò sempre dentro perché frutto della fatica, della volontà di mettersi in gioco e in discussione in un Paese lontano, che esige tanto, ma che quando dà, ti ripaga di tutto.
Terminammo la giornata con una cena tutti insieme, parlando e ridendo, felici. Presi l'ultimo treno della giornata per Kyoto, non prima di ricevere come dono una bella bottiglia di sakè da un ragazzo del posto con cui avevo passato la giornata.

Ero esausto, ma felice. Sul treno del ritorno parlai un po' con mio fratello. Mi ero sentito parte integrante del Giappone, per la prima volta.
Marco
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